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1° maggio 1947 verso le dieci del mattino, è la strage di Portella della Ginestra, trentotto tra morti e feriti, tra essi donne e bambini. La strage, insieme al massacro di ottanta sindacalisti, segna per quegli anni la fine di ogni speranza. La Sicilia, lasciata alla mafia, ripiomba nella prigionia, nell'abbandono e comincia la grande emigrazione che impoverirà l'isola. A poco a poco la strage di Portella della Ginestra diventa per i siciliani un racconto del mito, una sorta di avventura del dolore fuori dal tempo e da ogni luogo. Ed è questo sentimento di sconfitta che il poema di Beatrice Monroy, palermitana e scrittrice di teatro, ripropone nel tentativo di riprendere in mano una storia i cui mandanti sono ancora ufficialmente ignoti.